La vigna è la culla dei nostri progetti. La bellezza dell’Irpinia è nella sua complessità geo-morfologica e la passione per il vino ci trascina a cercare nei vigneti traccia dell’autenticità.
Con la scelta delle pratiche e dei prodotti in vigna è il modo in cui comunichiamo con la terra. Amiamo la natura nella sua totalità. L’habitat composto di piante spontanee, di insetti, di abitanti tradizionali del sottosuolo rientra nella nostra idea di ecosistema e di sostenibilità.
Stiamo avviando una serie di cooperazioni per un’agricoltura bioattiva e nutraceutica, parole complesse per definire cose semplici che il mondo ha avviato qualche milione di anni fa senza industrie a disposizione.
La sostanza organica se rispettata è autorigenerante, come avviene nelle foreste e produce composti di nutrimento e una vasta gamma di minerali ed energia.
Le vigne irpine per natura sono immerse in un contesto attorniato da boschi, ricoperte da polveri vulcaniche, ricche geologicamente di quella massa calcarea/rocciosa poligenica di varie dimensioni, distribuite su un territorio a cavallo dell’Appennino centrale. E’ attraversata da due catene montuose principali che contano fino a 50 vette montane che ricadono in vallate più o meno inclinate, ricche oltre misura di acque nel sottosuolo e fiumi e torrenti emersi. Giacimenti minerari di diversa origine e colore. Forte presenza di boschi e un’espressione botanica che coniuga l’habitat montano con la vegetazione della macchia mediterranea. Tutto questo scenario non è fermo ma si muove creando micro ambienti precisi. Sembra strano ma quanto più si osserva la natura più ritorna un severo processo degli eventi e il condizionamento di ogni minima azione o evento. Le vigne sono la traccia di un contesto che cambia continuamente. Esse stesse sono giacimenti di biodiversità. Ed è bello pensare che l’acino sia il frutto che contiene in se il distillato di tutto quanto.
Il nostro Greco proviene da vigneti a S.Paolina, siamo nella parte alta dell’areale degli 8 comuni della denominazione, circa a 530 mt slm. L’esposizione è a sud est, il sistema di allevamento è guyot, l’inclinazione della vigna è di circa 8% . La giacitura del terreno è sciolta, su base limo sabbiosa, parte tufacea con inserti calcarei di natura silicea che con la loro forma rotondeggiante può capitare non ritrovarli allo stesso posto.
Il ph del terreno è a reazione mediamente alcalina con il valore che si stabilizza intorno 7.7 e questo lo rende un terreno per “duri”. Non ce la farebbero piante delicate come l’oleandro, le orchidee , le ortensie, piuttosto sono di casa il noce, l’acacia e l’agave. La popolazione fungina scappa su questi terreni e invece quella microbica è di casa.
L’uva Greco ha imparato negli anni a trovare un proprio habitat e ha consegnato a chi lo cerca un profilo gustativo più ruvido e scontroso, più introverso olfattivamente del fratello Fiano, ma affascinante come tutti i caratteri più spontanei e veraci. Non è possibile domarlo completamente, con il “caratterino” che si ritrova bisogna essere tolleranti, soprattutto con le asprezze e gli odori centellinati che ci concede.
Il nostro Fiano è allevato nelle vigne di Lapio e Montefalcione. I vigneti si trovano ad un’altitudine intorno ai 470 mt slm. Le vigne sono adolescenti, hanno tra i 16 e i 18 anni e come tali sono forti ma poco sapienti. Lapio ha giaciture argillose che riversano tanta sostanza nutritiva e conferiscono un’enorme energia alle piante. Le sezioni migliori della vigna sono dove affiorano gessi bucando la crosta argillosa e contribuendo di proprio all’apparato nutritivo. A montefalcione la matrice argillosa trova invece inserti lapidei, chiamati cosi perché sono pietre calcaree talmente dure che per essere frantumate hanno bisogno di fitte martellate. In entrambi i casi è necessario che le piante per la giovane età devono essere educate a cercare il cibo in profondità e allungarsi con l’apparato radicale. Questo farà di loro piante solide ed equilibrate secondo il principio che la stabilità della vite è proprio nella dimora profonda delle radici.
Il nostro aglianico ha vigne che si distribuiscono tra i comuni di Taurasi, San Mango sul Calore, Paternopoli e Luogosano. Paternopoli e Luogosano hanno terre argillose appena meno strutturate di Lapio aggiungendo alla tessitura sabbie, conglomerati politecnici ovvero dei composti misti di diversa natura e qui e lì detriti. Questo aiuta l’Aglianico, già di suo un’uva prepotente e autoritaria a non mettere su troppi muscoli e lasciarsi guidare verso un percorso di profondità. L’areale di San Mango sul Calore e Taurasi, con altri areali noti, come Montemarano e Castelfranci, declina la giacitura argillosa ad un tessuto altrettanto più leggero, misto ad arenarie e piccoli massi di formazione sempre argillosa e in parte calcarea. Qui l’annata, l’altitudine, l’età delle piante, la gestione delle vigne con l’apparato fogliare è fondamentale per il vino che si vuole ottenere. Potenza alcolica, tannica, estrattiva sono il risultato di tanti piccoli dettagli. Le etichette di Taurasi, Aglianico campi Taurasini e Aglianico d’Irpinia è la nostra visione della scala qualitativa. L’uva aglianico porta con se tanta energia e affinché possa raggiungere equilibri e calarsi in una versione più versatile e complessa c’è bisogno di un progetto che getti le sue ancore in vigna.
La nostra Coda di Volpe è piccolo vigneto di 1 ettaro sotto la cantina a Luogosano. Areale al quale viene attribuita una paternità storica su quest’uva. La vigna scende inclinandosi di 15% verso la conca in cui converge la collina. Il filare scende lungo il pendio deviando appena verso est. A ridosso un piccolo bosco di fusti diversi. Intorno orti e un uliveto quasi ad isolarlo dal resto delle vigne. La giacitura del terreno è argilla e pietre calcaree, più sostanzioso e meno sciolto dei vigneti vicini e questo complica le cose. La coda di volpe è un vitigno che ha un proprio carattere e bisogna stargli tanto vicino. Si è docile e tenace nel ciclo vegetativo ma i risultati non sono sempre come si spera. Il mosto tende a quotare un’acidità più bassa, un medio corpo e un comparto aromatico più ritroso e vegetale, poco propenso al classico fruttato e floreale. La veste tende facilmente ad indorarsi. Sembra voglia creare le distanze con il vino ma noi stiamo imparando a conoscerla. Crediamo sia solo un po’ “smorfiosa” e che se allevata con cure speciali potrà sorprenderci nel tempo. I primi risultati già soddisfacenti sono solo l’inizio di un intrigante percorso…stiamo a vedere.
La nostra Falanghina proviene Castelfranci. Sono 3 ettari a dimora in un areale preziosissimo. Siamo nella parte meridionale dell’areale del taurasi. I vigneti hanno il dorso rivolto al massiccio del Terminio che raggiunge quasi i 1800 mt slm. e con le sue falde acquifere fornisce gran parte delle regioni del sud Italia. Luogo dalle notevoli escursioni termiche e flussi d’aria. La giacitura è roccia madre su cui poggiano sabbie argille e detriti calcarei. Tanta sostanza, acidità e sapidità. Qui le uve rosse come l’aglianico diventano ostili e chiedono tanto tempo per levigarsi, mentre un’uva semi aromatica come la falanghina trova tutto quanto ha bisogno per affilare la propria indole di “chiacchierona”. Qui trova più che in altri luoghi quel corpo diviene agile e ricco di acidità. L’importanza dell’areale la vorrebbe seria e impegnata ma è più forte di lei, miss falanghina deve essere spavalda e prima donna. A noi non è mai andata l’idea di imbrigliarla e così lasciamo che esprima se stessa, trovando il lato positivo in una bevuta saporita e di piacevole compagnia e perché no anche divertente.